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Era il mio ultimo anno all’ università di Messina ed ero alle prese con l’ ultimo esame di storia moderna: partii bene ed il risultato fu eccellente: trenta e lode.
- Professore, la tesi di laurea vorrei farla con lei.
Mi guardò con simpatia.
- Abito a Soriano, dove c’ è un celebre santuario domenicano, un argomento molto interessante. E’ d’ accordo?
Mi fissò perplesso: se lo vuoi…ma devi cavartela da solo perchè io non ti darò neppure un dito.
E così iniziò la mia “peregrinatio”, su e giù per le biblioteche.

A Vibo mi diede una mano affettuosa il vecchio conte Capialbi nella gloriosa biblioteca arroccata sotto il castello, disponibile tanto da lasciarmi solo a frugare nei vecchi volumi, eredità preziosa del proavo Vito, e poi a Reggio da Alfonso Frangipane e Cosenza e Catanzaro seduto a chiacchierare con don Pippo De Nobili. Ma non bastava e, naturalmente fui a Messina ed infine alle Nazionali di Napoli e di Roma.
Finalmente la tesi venne fuori, con soddisfazione mia e del relatore e fu approvata con il massimo e la lode ma mi lasciò dentro una voglia inespressa ed insoddisfatta.
Comincia proprio da qui la storia della Biblioteca Calabrese di Soriano; dalla faticosa ricerca di libri “calabresi” mai venuta meno negli anni, e proprio pensando ai laboriosi (e costosi) pellegrinaggi culturali, mi dissi che sarebbe stata una “mano santa” per i laureandi, calabresi e non, trovare tutto o quasi in una sola biblioteca, proprio qui, nel Vibonese; una biblioteca che raccogliesse solo ed esclusivamente testi che avessero a che fare con la Calabria e la sua cultura.
A Soriano facevo il preside della scuola media, quando – con questo sogno nel cassetto - m’ imbarcai nella mia unica avventura politica e mi candidai al Consiglio provinciale di Catanzaro.
Ce la feci in prima battuta pur se di stretta misura.
Forse era l’ occasione buona per realizzare il sogno. 
Macchè! Mi fecero fare, udite, udite… (io, che non avevo mai imbracciato un fucile e non sapevo un tubo di caccia, io amante della Natura e delle sue creature) mi fecero fare il presidente del Comitato caccia: - sai ci sono esigenze politiche ineludibili… - e mi incastrarono! 
Ma io, chiuso nel Palazzo di vetro di Catanzaro e confortato dall’ intelligente amico Raffaelli della Federcaccia, architettai la creazione delle prime ed uniche oasi naturalistiche della Calabria, una al lago dell’ Angitola ed un’ altra alla foce del Neto.
La prima resiste e splende per opera del WWF che l’ ha fatta sua, la seconda è minacciata dall’ Europaradiso!
Alle elezioni seguenti, vinsi a mani basse. Stavolta, pensai, l’ Assessorato alla cultura non me lo leva nessuno. 
Altro che assessore alla cultura, povero citrullo! 
Devi fare l’ Assessore alle Finanze – mi dissero untuosi - per il bene dell’ Amministrazione Provinciale e del partito; le finanze stanno andando a rotoli, c’ è bisogno di un amministratore pulito che metta ordine senza guardare in faccia a nessuno.
E mi incastrano di brutto e per la seconda volta.
Capite? io che a stento avevo scippato un sette in matematica alla maturità e solo per via dei nove e del dieci in storia dell’ arte, dovetti passare ben cinque anni, grintoso e rassegnato, a fare i conti con bilanci e capitoli di spesa, mandati e reversali e mutui da accendere e debiti da estinguere che non si vedeva la fine. 
Intanto l’ assessore alla Cultura istituiva i “Centri culturali del folklore e delle tradizioni popolari” a Lamezia, Tropea e Squillace; forse era l’ occasione buona ed io ci feci aggiungere fortunosamente e con l’ aiuto dell’ indimenticato Bruno Bosco, pure Soriano. 
Si arrivò alla conclusione del mandato e stavolta, nonostante consigli, pressioni ed inviti a ravvedermi, non volli ricandidarmi: temevo la terza fregatura.
Tornai a fare il preside e nel 1980, dieci anni prima di andarmene in pensione, raccolsi tutti i miei libri “calabresi”, li scaricai nelle cinque sale rimesse a nuovo al primo piano del bell’ edificio “Liberty”, che fa da fondale alla piazza di Soriano, tutto affacciato sulle verde vallata del Mesima a fronte dei dolci dossi del Poro lontano e lì, mi diedi a catalogarli e schedarli con amore ed entusiasmo – questa volta si! – dando finalmente l’ avvio alla realizzazione dell’ antico sogno: la Biblioteca Calabrese.
Eccoci arrivati al punto ed i benevoli lettori vorranno perdonarmi il noioso preambolo che ne racconta la nascita non dovuta al caso dunque, ma a lungo maturata e meditata e che ha avuto a stimolo essenziale di fondo, la voglia di mantenere viva e vivace, in un’ epoca di sempre più piatta e grigia omologazione, l’ identità culturale della nostra Terra e non per becero provincialismo ma come stimolo a crescere ed a conoscerla sempre più e meglio.
Rigorosamente “calabresi” sono dunque, gli oltre trentamilasettecento volumi conservati con geloso riguardo nella lunga teoria di librerie metalliche a prova d’ incendio, molti dei quali generosi doni.

 E voglio ricordare qui il mio buon amico, il teologo Ciccio Pugliese di Tropea, dove lo conobbi e lo ebbi collega al mio primo anno di insegnamento di storia dell’ arte nel liceo locale, che prima di morire mi lasciò la sua biblioteca ricca di oltre cinquemila volumi. Cinquemila, dico cinquemila, ma poco più di seicento restarono a Soriano

perché “calabresi”, mentre gli altri andarono al seminario Pio X di Catanzaro, nel rispetto delle sue volontà.
Resta il fatto che i volumi più rari e preziosi sono quelli acquistati presso le librerie antiquarie di mezzo mondo e di cui si dà puntuale notizia nella rubrica “Arrivi rari e preziosi” del nostro semestrale ROGERIUS. Rubrica che, a detta dei più assidui ed attenti lettori, è la prima ad essere cercata e letta, e non a torto, considerando gli straordinari tesori (gli ultimi colpi messi a segno…ci scherzano alcuni) di cui si dà puntuale notizia.
Fra i libri antichi, merita una evidenza particolare il fondo delle cinquecentine, motivo d’ orgoglio e fiore all’ occhiello della Biblioteca Calabrese.
Ci sono gli scritti dell’ umanista Pomponio Leto, il bastardo dei Sanseverino, nato in Calabria “ortus est in Calabris” – anche se altri cervelloni lo dicono pugliese o lucano – come testimonia il coetaneo Sabellico, scrivendone la vita alla fine dell’ Opera Pomponii Laeti, pubblicata a Strasburgo nel 1515.


Un trattato ancora di calligrafia, stampato a Roma nel 1561 di Giovan Battista Palatino che, per boria, si dice romano ma è nato invece nella nostra Rossano e - l’ ultimo acquisto - la rarissima, prima ed unica edizione napoletana del 1556 delle Tragedie di Coriolano Martirano, talmente rara questa, ed introvabile già nel ‘700, da indurre l’ erudito di Mammola Giangrisostomo Scarfò a ripubblicarle sotto il suo nome. Un plagio clamorosamente scoperto ed ingloriosamente conclusosi! 
Oggi, il “Tesoro di Soriano” - come lo ha simpaticamente definito in una recente intervista, il bravo giornalista Filippo Curtosi su Calabria Ora - necessariamente e momentaneamente trasferito in un’ ala del Palazzo Municipale per poter effettuare il restauro del Palazzetto della cultura, divenuto negli ultimi anni una chiavica, attende con impazienza di esservi degnamente e comodamente ricollocato.
E prima di chiudere

UN INVITO... Ai Calabresi di Calabria ed ai Calabresi della diaspora (che sono tanti e che se la portano nel cuore questa nostra Terra), agli studiosi, agli autori, agli editori ed a tutti coloro che amano la Calabria:

se avete amici che hanno in casa vecchi libri “calabresi” invitateli a farcene dono oppure a venderceli. Basterà che ci telefonino allo 0963.351275: noi siamo sempre disposti ad acquistarli e con estrema ed assoluta riservatezza!

Nicola Provenzano