Scorrere l’ elenco degli incunaboli e delle cinquecentine della Biblioteca Calabrese di Soriano val come ripercorrere quasi a volo radente la storia e la cultura, gli uomini e i tempi, i fatti e le istituzioni della Calabria del XVI secolo. Per poi constatare ammirati, quanto e con che forza e maniera sia cresciuto quel grumo di libri messo lì per primo, nella minuscola libreria del Centro Culturale a significare la volontà caparbia di fondare un polo specifico ed unico della cultura della nostra Terra. Tanti anni son passati d’ allora, tanti anni durante i quali la biblioteca s’ è fatta più grande e consistente, più visibile ed importante, tanto da meritare attenzione ed ammirazione dai cultori della nostra cultura, e non solo! Ed anche più preziosa chè all’ inizio c’ erano soltanto i libri del ‘900 e qualcuno dell’ ‘800 ma poi, col passare degli anni, fra doni ed acquisizioni d’ antiquariato, soprattutto, si sono aggiunti volumi sempre più antichi, libri sempre più rari ed importanti. Fino a quando è giunta la prima, attesa, cercata, voluta e comprata, la rara e preziosa cinquecentina. Il primo dei volumi preziosi acquistati? “La miracolosa vita di San Francesco da Paola”. Guarda caso! Sì, proprio la vita del nostro Santo, scritta dal vescovo di Ravello Paolo Regio e ripubblicata, a scorrere la nostra edizione, a Perugia nel 1582. Primo il Paolano dunque, ad aprire questa raffinata serie di libri stampati nel ‘400 e nel ‘500 ed appartenenti alla Biblioteca Calabrese, serie che negli anni ha continuato ad ingrossarsi e ad arricchirsi. Ma quanta fatica. Perché a voler riempire una libreria di testi stampati nei secoli XV e XVI, bastano solo… i quattrini, in quanto i nostri librai antiquari si piccano sempre di inserire in ogni loro catalogo poche o molte cinquecentine e qualche incunabolo , più o meno costosi – più che meno a dire il vero - da offrire agli amanti ricercatori. La musica cambia invece – e come cambia! - per il cocciuto amante-ricercatore della Biblioteca Calabrese il quale deve obbedire e sottostare a regole di ferro! Il volume infatti, deve essere stato scritto in tutto o in parte da un autore nato dalle nostre parti, o deve contenere, poche o molte che siano, notizie di qualunque natura riguardanti la Calabria. E così la stragrande maggioranza dei libri visionati non passa l’ esame; libri splendidi – intendiamoci – che ti ammagano per la rarità, l’ argomento e l’ eccellenza dello stampatore ma che a malincuore vanno saltati perchè non possiedono il rigoroso e obbligatorio visto d’ ingresso. Allora il rapporto tempo-risultato positivo diventa allucinante, passano mesi e mesi, scorri cataloghi e cataloghi, cerchi fra siti e siti su internet e dintorni e se “ci azzecchi”, perchè la fortuna ti bacia, due o tre cinquecentine all’ anno riesci ad acchiapparle! Soltanto. E non parliamo degli incunaboli. La prova del nove? In ventinove anni – che tanti ne son passati dalla fondazione – la Biblioteca Calabrese ha acquisito 102 cinquecentine: dunque una media di 2,1 all’ anno, e due incunaboli! Anche se, a dire il vero, la biblioteca avrebbe faticato parecchio a seguire un ritmo più sostenuto di crescita che avrebbe messo in crisi, con i prezzi che corrono, gli striminziti bilanci tenuti in piedi dai contributi degli Enti fondatori. Comunque, sia pure a passo di lumaca, uno dietro l’ altro e mercanteggiando senza decoro sul prezzo con gli esosi librai, si è riusciti a mettere insieme questa raccolta di testi che valgono a dar luce alla Calabria del ‘400 e del ‘500 nei suoi molteplici aspetti. Ammettiamo anzitutto con sincerità le lacune ed i vuoti della raccolta: non c’ è, tanto per fare qualche esempio e non essere tacciati di millanteria, il Barrio del 1571 – una copia l’ avevamo trovata ma quando abbiamo telefonato all’ antiquario era già andata via – non c’ è il Grano del 1570, mancano il Marafioti del 1595 ed altri testi “classici” anche se la biblioteca, a conforto ed aiuto degli studiosi, li possiede in eccellenti edizioni successive e, citiamo fra tutte, l’ edizione settecentesca del Barrio a cura dell’ Aceti. Ma, pur con lacune ed assenze, il quadro d’ insieme che si ricava è abbastanza ampio ed illuminante; è il quadro di una Calabria che sente i tempi della storia e della cultura. Andiamo con ordine. Prima ed appassionata c’ è stata e ci sarà ancora l’ attenzione per i testi dei grandi Calabresi che hanno segnato i percorsi della storia del pensiero e della religione: da Pitagora a Cassiodoro, presente con alcune rarissime edizioni, a Gioacchino da Fiore, a Francesco di Paola, a Bernardino Telesio. A dare un quadro delle realtà geografiche e naturali della Calabria del ‘500 ci stanno le varie “Descrittioni” dell’ Italia o del Regno di Napoli, di Gian Lorenzo Anania di Taverna e del domenicano Leandro Alberti, come ci sono anche gli scritti di Giordano Ruffo sulla “mascalgia” o dell’ Altimari, che discetta sulla manna calabrese frutto del frassino. E poi della storia con i Fatti di Alfonso d’ Aragona del Facio, tradotti dal reggino Giacomo Mauro, o il De rebus gestis in Sicilae regno di Ugo Falcando da S. Giovanni d’ Albi e il Compendio delle storie del Regno di Napoli del Collenuccio, e le Historie del Regno di Sicilia di Giuseppe Carnevale. Si respira intenso fra le nostre cinquecentine il clima appassionato dell’ Umanesimo e della Rinascenza con il culto degli antichi; lo si respira nelle tragedie ridotte dal greco di Coriolano Martirano e nei commenti del Parrasio ai carmi di Orazio e di Ovidio e di Giovanni Antonio Vallone da Castel Monardo alle Satire di Aulo Persio. Ed ancora e tanto si respira nelle opere di Pomponio Leto, il bastardo del principe Sanseverino - nato in Calabria “ortus in Calabris” – nonostante il parere contrario di qualche illustre biografo - come testimonia nel ‘400 il suo amico e coetaneo M. Antonio Sabellico nel tracciarne la vita. Ma anche l’ interesse per gli avvenimenti letterari del secolo con le “Sposizioni” dell’ Orlando Furioso del reggino Simone Fornari. E tra i filosofi presenti, non solo Telesio, il sommo Bernardino che apre la strada alla moderna filosofia, con tutti i suoi “libelli”, alcuni dei quali nella rara prima edizione napoletana del Cacchi, ma anche il Nifo, il Pavese, il Quattromani e fra i poeti Giano Pelusio da Crotone e Antonio Telesio e Bernardino Martirano e Ottavio Caputi. ScillaTerra di giuristi la Calabria; ed a testimoniarlo il Tractatus del castrovillarese Marcello Calà, stimato dal Giannone uno dei più grandi giuristi del XVI secolo, e le opere di Nicolò Carbone di Sinopoli, del reggino Ludovico Careri, di Fabio Monteleone da Gerace e le Consuetudines di Camillo Salerno da Caulonia. Ma pure di medici famosi, Niccolò da Reggio, vissuto nel ‘300 e riproposto nella traduzione del De usu partium corporis humani di Galeno, ed il crotonese Giovanni Andrea Nola che a lungo e con valore insegnò nell’ università di Napoli. Sono presenti in biblioteca con le loro opere personalità eminenti del Concilio tridentino: il presule cosentino Giovanni Antonio Pantusa, con gli Opuscola omnia, il vescovo umanista Coriolano Martirano, che vi ricoprì l’ eminente incarico di segretario, ed il legato pontificio, lo sventurato cardinale cosentino Pietro Paolo Parisio, avvelenato da Pier Luigi Farnese, figlio di Paolo III. Anche allora c’ erano i calabresi della diaspora, migranti a cercare miglior fortuna, Giovanni Simonetta da Caccuri a Milano, autore delle “Historie di Francesco Sforza” e fratello dello sventurato Cicco, mandato a morte iniqua da Ludovico il Moro. Nel ‘500 spicca il ruolo culturale di Cosenza, la “dotta” capitale della Calabria Citeriore, dove è sorta la prima Accademia: Montano accademico si dice Sertorio Quattromani e accademici sono il Parrasio, i Martirano, i Telesio di cui si è scritto, e a rappresentare un’ altra accademia, quella di Montalto, c’è pure il Carnevale. A Cosenza funziona già una tipografia, quella dei soci Luigi Castellano e Leonardo Angrisani, che stampano e gli Atti del primo sinodo diocesano del 1593 dell’ arcivescovo Costanzo e le sue “Istruttioni per uso della sua Città e Diocesi” che costituiscono delle assolute rarità bibliografiche, tanto che nessuna altra copia è segnalata nell’ Istituto Italiano per il Catalogo Unico. C’ è da dire ancora che lo sforzo compiuto e le faticose ricerche fatte, e che – a Dio piacendo - proseguiranno nel tempo, sono servite sì, a mettere in luce la temperie culturale della Calabria del ‘400 e del ‘500 con i suoi protagonisti ma anche e soprattutto a sottrarre all’ oblio o alla distruzione i nostri testi “rari e preziosi” per metterli a disposizione dei frequentatori della Biblioteca Calabrese, di studiosi e studenti, i quali troveranno nella presente raccolta pertinenti risposte alle loro curiosità, ai loro dubbi ed ai loro studi.